«Io ho 36 ispettori su tutto il territorio nazionale. E i lavoratori attivi, quelli che dovremmo controllare, sono 290mila». A sfogarsi è Marilù Padula,
dal 2010 responsabile della Direzione vigilanza ispettiva dell'Enpals,
l'ente previdenziale che si occupa dei lavoratori dello spettacolo, oggi
assorbito dall'Inps e in attesa di conoscere il suo assetto futuro
dopo la pubblicazione dei decreti attuativi prevista per il 31 maggio.
Cinema, teatro, musica dal vivo, ma anche sport: sono questi i settori
seguiti dalla struttura.
O almeno che dovrebbero essere tenuti sotto controllo. Sì, perché se si tiene conto che, in media, ogni ispettore dovrebbe verificare le posizioni di più di 8mila persone,
si capisce facilmente quanto siano larghe le maglie della rete con cui
Enpals cerca di stanare le irregolarità. Eppure la pesca, quando c'è, è
abbondante. Negli ultimi tre anni, ad esempio, l'ente ha svolto in media più di 600 controlli in altrettante aziende. Riscontrando irregolarità sul piano previdenziale addirittura in due casi su tre. E recuperando ogni anno tra i 20 ed i 30 milioni di euro, tra contributi non versati e sanzioni comminate alle imprese.
Segno che le situazioni non regolari ci sono e che basterebbe
aumentare le verifiche per 'stanarle'. Del resto che ci fosse qualcosa
che non va nel mondo dello spettacolo, la Repubblica degli Stagisti
lo aveva messo in evidenza già qualche settimana fa, raccontando la
storia di Irene Iaccio, 27nne napoletana trasferitasi a Roma per
lavorare nel cinema: una carriera abbandonata dopo un anno e mezzo di
lavori non pagati. La giovane aveva raccontato che spesso le
case di produzione cinematografica, per salvare le apparenze, versano i
contributi per una sola giornata di lavoro, anche se in realtà le
persone vengono impiegate magari per due o tre mesi, a seconda
di quanto duri la realizzazione del film. Ma l'Enpals cosa fa in
questi casi? «Per noi una situazione di questo tipo è la spia di una
possibile irregolarità, ma dobbiamo comunque approfondire». Può essere,
infatti, che un attore scritturato per un cameo riesca a girare
nell'arco di una sola giornata tutte le pose che lo vedono coinvolto.
O, pensando alla musica, che un concertista venga chiamato a sostituire
per un solo spettacolo un collega indisposto.
Ma anche nel caso in cui si abbia la certezza di trovarsi di fronte ad un'irregolarità, il problema è dimostrarla. «Noi
convochiamo il lavoratore coinvolto perché renda una dichiarazione
spontanea. Il punto è che oltre a questa deve sporgere anche una
denuncia». Solo in questo modo, infatti, «le sue parole
assumono un valore probatorio». Non basta: servono anche altri elementi a
supporto delle affermazioni di chi è stato 'messo in regola' per una
sola giornata ma magari ha lavorato un mese. Ad esempio la testimonianza
di altre persone presenti sul set, che possano affermare di averlo
visto impegnato per un periodo maggiore rispetto a quello per il quale
la casa di produzione gli ha versato i contributi.
Il problema, ammette Padula, è che i lavoratori non denunciano: «Sono ancora pochi quelli che lo fanno. Le segnalazioni sono anonime, oppure arrivano in via informale».
E quando Enpals invita queste persone a mettere nero su bianco quanto
segnalato «si spaventano». Il timore è quello di essere emarginati, di
non lavorare più. Una paura più che fondata in un settore come quello
degli spettacoli, nel quale, stando al rapporto «Professionisti: a quali
condizioni?» pubblicato da Ires nel 2011, due operatori su tre
ritengno importante il passaparola tra i datori di lavoro per riuscire a
trovare un'occupazione. Ed è facile immaginare cosa dirà ai suoi
colleghi un produttore di una persona che lo ha denunciato perché non
gli venivano pagati i contributi.
La scarsità del numero di ispettori rispetto alla mole delle attività da controllare pone poi un ulteriore problema: le verifiche sono spesso «documentali».
Ovvero avvengono a cose fatte, quando la produzione è già finita e il
film magari è già nelle sale. Non è proprio possibile andare sul set?
«Intanto dobbiamo sapere dove sono e quando avvengono le riprese. E poi
21 dei 36 ispettori sono stanziati su Roma», spiega Padula. Per
effettuare controlli in tempo reale invece «servirebbero altre
tempistiche, una disponibilità immediata». E magari anche qualche
impiegato in più. Nell'attesa, un aiuto può arrivare dalle maestranze: «Se
arrivassero più denunce qualificate, se i lavoratori, lo dico senza
polemica, iniziassero ad avere un po' più di coscienza, ci darebbero un
contributo fattivo»
Fonte: Ass. Culturale Vinylistic
dal 2010 responsabile della Direzione vigilanza ispettiva dell'Enpals,
l'ente previdenziale che si occupa dei lavoratori dello spettacolo, oggi
assorbito dall'Inps e in attesa di conoscere il suo assetto futuro
dopo la pubblicazione dei decreti attuativi prevista per il 31 maggio.
Cinema, teatro, musica dal vivo, ma anche sport: sono questi i settori
seguiti dalla struttura.
O almeno che dovrebbero essere tenuti sotto controllo. Sì, perché se si tiene conto che, in media, ogni ispettore dovrebbe verificare le posizioni di più di 8mila persone,
si capisce facilmente quanto siano larghe le maglie della rete con cui
Enpals cerca di stanare le irregolarità. Eppure la pesca, quando c'è, è
abbondante. Negli ultimi tre anni, ad esempio, l'ente ha svolto in media più di 600 controlli in altrettante aziende. Riscontrando irregolarità sul piano previdenziale addirittura in due casi su tre. E recuperando ogni anno tra i 20 ed i 30 milioni di euro, tra contributi non versati e sanzioni comminate alle imprese.
Segno che le situazioni non regolari ci sono e che basterebbe
aumentare le verifiche per 'stanarle'. Del resto che ci fosse qualcosa
che non va nel mondo dello spettacolo, la Repubblica degli Stagisti
lo aveva messo in evidenza già qualche settimana fa, raccontando la
storia di Irene Iaccio, 27nne napoletana trasferitasi a Roma per
lavorare nel cinema: una carriera abbandonata dopo un anno e mezzo di
lavori non pagati. La giovane aveva raccontato che spesso le
case di produzione cinematografica, per salvare le apparenze, versano i
contributi per una sola giornata di lavoro, anche se in realtà le
persone vengono impiegate magari per due o tre mesi, a seconda
di quanto duri la realizzazione del film. Ma l'Enpals cosa fa in
questi casi? «Per noi una situazione di questo tipo è la spia di una
possibile irregolarità, ma dobbiamo comunque approfondire». Può essere,
infatti, che un attore scritturato per un cameo riesca a girare
nell'arco di una sola giornata tutte le pose che lo vedono coinvolto.
O, pensando alla musica, che un concertista venga chiamato a sostituire
per un solo spettacolo un collega indisposto.
Ma anche nel caso in cui si abbia la certezza di trovarsi di fronte ad un'irregolarità, il problema è dimostrarla. «Noi
convochiamo il lavoratore coinvolto perché renda una dichiarazione
spontanea. Il punto è che oltre a questa deve sporgere anche una
denuncia». Solo in questo modo, infatti, «le sue parole
assumono un valore probatorio». Non basta: servono anche altri elementi a
supporto delle affermazioni di chi è stato 'messo in regola' per una
sola giornata ma magari ha lavorato un mese. Ad esempio la testimonianza
di altre persone presenti sul set, che possano affermare di averlo
visto impegnato per un periodo maggiore rispetto a quello per il quale
la casa di produzione gli ha versato i contributi.
Il problema, ammette Padula, è che i lavoratori non denunciano: «Sono ancora pochi quelli che lo fanno. Le segnalazioni sono anonime, oppure arrivano in via informale».
E quando Enpals invita queste persone a mettere nero su bianco quanto
segnalato «si spaventano». Il timore è quello di essere emarginati, di
non lavorare più. Una paura più che fondata in un settore come quello
degli spettacoli, nel quale, stando al rapporto «Professionisti: a quali
condizioni?» pubblicato da Ires nel 2011, due operatori su tre
ritengno importante il passaparola tra i datori di lavoro per riuscire a
trovare un'occupazione. Ed è facile immaginare cosa dirà ai suoi
colleghi un produttore di una persona che lo ha denunciato perché non
gli venivano pagati i contributi.
La scarsità del numero di ispettori rispetto alla mole delle attività da controllare pone poi un ulteriore problema: le verifiche sono spesso «documentali».
Ovvero avvengono a cose fatte, quando la produzione è già finita e il
film magari è già nelle sale. Non è proprio possibile andare sul set?
«Intanto dobbiamo sapere dove sono e quando avvengono le riprese. E poi
21 dei 36 ispettori sono stanziati su Roma», spiega Padula. Per
effettuare controlli in tempo reale invece «servirebbero altre
tempistiche, una disponibilità immediata». E magari anche qualche
impiegato in più. Nell'attesa, un aiuto può arrivare dalle maestranze: «Se
arrivassero più denunce qualificate, se i lavoratori, lo dico senza
polemica, iniziassero ad avere un po' più di coscienza, ci darebbero un
contributo fattivo»
Fonte: Ass. Culturale Vinylistic