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    MAX TESTA
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    Messaggio Da MAX TESTA Gio 13 Nov 2008 - 9:44

    Gli aspetti tecnici del djing sono un fatto realmente relativo, da sempre.


    • Negli anni 60 e 70 si lavorava con piatti a puleggia come Lenco, Thorens o Garrard e testine Shure o Audiotecnica.

      I finali di potenza potevano spaziare da McIntosh a Galactron piuttosto che Pioneer o Luxman.

      Le casse andavano dalle Davoli, Montarbo, Lem o Rcf fino alle JBLansing o Bose.

      Insomma c'era molta varietà di scelta e quindi ne seguivano grandi discussioni, professionali e non.
    • Agli albori della globalizzazione, con l'avvento dei giganti Giapponesi, a cavallo tra i 70 e 80 ci fu la svolta dei piatti a trazione diretta, espressamente studiati ad uso professionale come i Technics o i Rosko, abbinati a testine a doppio scorrimento come Shure, Stanton o Akg, e per i finali di potenza ogni marchio internazionale di hi-fi incominciò a realizzare due linee ben differenziate tra Professional e Home end user.
    • Dalla metà degli anni 80 ci fu inoltre il passaggio epocale dall'analogico al digitale con cambiamenti sostanziali che toccarono tutti gli elementi della riproduzione sonora:
      il cd soppiantò gradualmente il vinile, i lettore cd si affiancò al piatto e, trattandosi di materiale basato molto su silicio, anche i finali e i prefinali finirono per usare quasi tutti la stessa componentistica con gli occhii a mandorla pur mantenendo la differenziazione del marchio.

    Della serie: sembrano diversi ma nella sostanza sono tutti uguali a causa dello standard digitale.

    Malgrado tutti questi cambiamenti ed evoluzioni di sorta, noi tutti (pubblico compreso) abbiamo sempre e comunque ballato e consumato intrattenimento senza badare alle finezze & sofisticatezze tecniche dei vari impianti audio.

    Come dire, ciò che ha fatto realmente la differenza da sempre è la mano & la fantasia di chi sta dietro la consolle.

    Tant'è vero che erano gli stessi operatori discografici ad inviare in omaggio il servizio' novità ai disk jockey affinché dall'efficacia del loro operato conseguiva molto del successo commerciale dei dischi.

    E senza preoccuparsi che, oggi con i cd masterizzati ma ieri con i registratori a cassetta e prima ancora con i registratori a bobina, il mercato musicale potesse vivere una doppia vita che non passava esattamente dal bancone del negozio di dischi.

    Semmai si preoccupavano del mercato musicale d'importazione, che a ben ricordare aveva molti dei toni allarmistici usati oggi per la masterizzazione dei cd che, ripeto, è esattamente ciò che accadeva un tempo quando si passava da un amico all'altro il disco da registrare su cassetta, xkè bruciava la vendita dello stesso prodotto quando andava in distribuzione attraverso i canali istituzionali.

    E ciò accadeva a causa del ritardo intelligente (o furbo, fate voi) per il quale molti dischi non venivano distribuiti in Italia fino a quando non erano stato venduto e stravenduto il catalogo vecchio (inciso peraltro con una qualità pessima rispetto ai prodotti americani, inglesi, tedeschi o giapponesi), a danno di tanti giovani, e non, che amavano godersi la musica aggiornata (perchè la musica è cultura) e con una buona qualità d'ascolto, considerato anche il prezzo alto d'acquisto sia per il materiale importato che di distribuzione nazionale.

    Questa circostanza di mercato, sfavorevole ai consumatori di musica, si è protratta fino alla fine degli anni '80 ovvero fino a quando l'affermazione del mercato globale ha convogliato tutti i marchi discografici in poche grandi majors planetarie che con strategie di vendita in larga scala hanno decretato la commercializzazione in contemporanea su tutti i mercati internazionali eliminando di fatto il segmento dell'importazione
    (e badate bene, anche allora il mercato dei registratori e delle cassette era più che fiorente e nessuno proclamava guerre sante ai consumatori).

    Un bel giorno un ingegnere (italiano) creò la compressione Mpeg che grazie alla diffusione, straglobalizzata, dei PC e della rete ha offerto un'alternativa cotta & mangiata alla secolare registrazione analogica su nastro.

    Che questo fatto poi abbia scatenato una reazione a catena sociale in tutto il mondo coinvolgendo tutto il settore dell'intrattenimento, compreso l'abuso del diritto d'autore che riconfermo essere un'illecito e quindi da non incoraggiare, non riguarda i disk jockeys che con il loro buon lavoro, continuano a promuovere il mercato musicale e non a frustrarlo.

    E come tali andrebbero agevolati e non perseguiti nell'uso degli strumenti di lavoro, qualunque sia la fonte del supporto fonografico, in quanto la vendita dei dischi deve essere rapportata al consumo di milioni di individui e non a qualche migliaio di disk jockeys, i cui datori di lavoro, peraltro, pagano regolarmente la siae mediante il borderò.

    E l'autorizzazione aggiuntiva alla pubblica riproduzione da parte degli aventi diritto è da sempre regolata dal tacito assenso poiché, ripeto, i dischi o similari venivano e vengono a tutt'oggi inviati gratuitamente agli operatori del settore affinché li promuovano e li facciano ascoltare.

    E non esistono condizioni logiche commerciali tali da ribaltare tale consuetudine in quanto le discoteche esistono da sempre e sempre esisteranno, incluso il pagamento regolare della siae, anche nel loro ruolo di ribalta promozionale all'acquisto di dischi nuovi e vecchi.

    Così come viene regolato il senso liberatorio sul diritto di riproduzione per radio & tv dal pagamento concordato con la siae senza bisogno di consensi aggiuntivi.

    Seppoi il mercato della vendita dei dischi è impazzito per tante cause, anche sopracitate, è un controsenso criminalizzare oggi i disk jockey.

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