Espressione, potenza, fragilità in un momento storico ben preciso, quello più alto del genere, che racconta una vita vissuta al massimo, quella di Janis Joplin.
Allo stesso tempo, solare e maledetta, tormentata e gioiosa, Janis Joplin è entrata nella leggenda prima ancora di compiere 30 anni, morta per overdose a 27, quell’età, curiosamente dannata nel mondo della musica: in cui sono scomparsi Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Jim Morrison…
Ma la sua importanza, sebbene in qualche caso in ritardo, è riconosciuta oggi da chiunque. 25 anni dopo la sua scomparsa è stata inserita nella Rock and Roll Hall of Fame e dieci anni dopo gli è stato assegnato, postumo, un Grammy Award alla carriera.
Il suo carattere forte è innato, figlia maggiore di tre fratelli. Fin da subito si innamora del canto gospel, e a Austin, in Texas, mette su le sue prime band. Il suo primo gruppo ufficiale è il Big Brother and the Holding Company, con il quale si trasferisce sulla costa, a San Francisco.
È del 1968 il suo primo pezzo indimenticabile, una della cover più originali del rock, “Summertime“. Janis riesce a rendere uno degli standard più famosi della musica un pezzo personalissimo. La sua voce sembra essere un tutt’uno con la chitarra elettrica, in un unico intenso canto.
Sempre in questo album, Cheap Thrills, è contenuto anche un altro pezzo che farà la storia non soltanto della discografia di Janis: “Piece of My Heart“.
Finita l’esperienza con i Big Brother, Janis decide di intraprendere una carriera da solista, accompagnata da una band di supporto. Con la Kozmic Blues Band pubblica il suo primo album: I Got Dem Ol’Kozmic Blues Again Mama!
Nell’album, l’unico che Janis vedrà pubblicato mentre è in vita, fa intravedere al pubblico le sue enormi qualità. La sua voce ricca, piena, passa da un registro basso, con la voce che sembra pronta a rompersi da un verso all’altro, fino a note alte contenute con estrema maestria.
Trovare il gruppo che l’accompagni nei live è molto difficile, Janis vuole improvvisare in continuazione, ma le band spesso non sono tecnicamente preparate. Felice la collaborazione con i Full-Tilt Boogie, con i quali registra il suo secondo e ultimo album, pubblicato postumo, nel gennaio 1971, qualche mese dopo la sua morte. Raggiunge subito il primo posto in classifica e ci rimane per quasi dieci settimane. Grazie soprattutto al primo singolo estratto, “Me and Bobby McGee“, Janis supera anche i confini nazionali.
Tra i grandi classici dell’album c’è anche “Cry Baby“, in cui Janis mostra di essere, a conferma di quanto scriveranno anni dopo alcuni giornalisti di settore, “il soul”.
Obbligatorio menzionare anche la sua partecipazione nel 1969 al festival di Woodstock, durante il quale, il 16 agosto, suona una versione indimenticabile di “Work me Lord“, oltre ovviamente ai suoi grandi successi.
Col tempo l’importanza di Janis si è ingigantita esponenzialmente, a tal punto che per le generazioni successive un confronto con lei inibiva non poco. Dotata, com’era, di una voce unica e irripetibile. Per capire cosa è stata, oltre la musica, Janis, puoi ascoltare questo capolavoro di Leonard Cohen, in cui il grande cantautore ricorda un incontro con lei al Chelsea Hotel.
Allo stesso tempo, solare e maledetta, tormentata e gioiosa, Janis Joplin è entrata nella leggenda prima ancora di compiere 30 anni, morta per overdose a 27, quell’età, curiosamente dannata nel mondo della musica: in cui sono scomparsi Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Jim Morrison…
Ma la sua importanza, sebbene in qualche caso in ritardo, è riconosciuta oggi da chiunque. 25 anni dopo la sua scomparsa è stata inserita nella Rock and Roll Hall of Fame e dieci anni dopo gli è stato assegnato, postumo, un Grammy Award alla carriera.
Il suo carattere forte è innato, figlia maggiore di tre fratelli. Fin da subito si innamora del canto gospel, e a Austin, in Texas, mette su le sue prime band. Il suo primo gruppo ufficiale è il Big Brother and the Holding Company, con il quale si trasferisce sulla costa, a San Francisco.
È del 1968 il suo primo pezzo indimenticabile, una della cover più originali del rock, “Summertime“. Janis riesce a rendere uno degli standard più famosi della musica un pezzo personalissimo. La sua voce sembra essere un tutt’uno con la chitarra elettrica, in un unico intenso canto.
Sempre in questo album, Cheap Thrills, è contenuto anche un altro pezzo che farà la storia non soltanto della discografia di Janis: “Piece of My Heart“.
Finita l’esperienza con i Big Brother, Janis decide di intraprendere una carriera da solista, accompagnata da una band di supporto. Con la Kozmic Blues Band pubblica il suo primo album: I Got Dem Ol’Kozmic Blues Again Mama!
Nell’album, l’unico che Janis vedrà pubblicato mentre è in vita, fa intravedere al pubblico le sue enormi qualità. La sua voce ricca, piena, passa da un registro basso, con la voce che sembra pronta a rompersi da un verso all’altro, fino a note alte contenute con estrema maestria.
Trovare il gruppo che l’accompagni nei live è molto difficile, Janis vuole improvvisare in continuazione, ma le band spesso non sono tecnicamente preparate. Felice la collaborazione con i Full-Tilt Boogie, con i quali registra il suo secondo e ultimo album, pubblicato postumo, nel gennaio 1971, qualche mese dopo la sua morte. Raggiunge subito il primo posto in classifica e ci rimane per quasi dieci settimane. Grazie soprattutto al primo singolo estratto, “Me and Bobby McGee“, Janis supera anche i confini nazionali.
Tra i grandi classici dell’album c’è anche “Cry Baby“, in cui Janis mostra di essere, a conferma di quanto scriveranno anni dopo alcuni giornalisti di settore, “il soul”.
Obbligatorio menzionare anche la sua partecipazione nel 1969 al festival di Woodstock, durante il quale, il 16 agosto, suona una versione indimenticabile di “Work me Lord“, oltre ovviamente ai suoi grandi successi.
Col tempo l’importanza di Janis si è ingigantita esponenzialmente, a tal punto che per le generazioni successive un confronto con lei inibiva non poco. Dotata, com’era, di una voce unica e irripetibile. Per capire cosa è stata, oltre la musica, Janis, puoi ascoltare questo capolavoro di Leonard Cohen, in cui il grande cantautore ricorda un incontro con lei al Chelsea Hotel.