Il 30 dicembre 2009 è stato firmato dal ministro Sandro Bondi, il decreto che ridetermina i compensi per la riproduzione fono-video su supporti vergini e apparecchi funzionali alla registrazione. La firma di questo decreto è stata accolta da consensi da parte degli aventi diritto: autori, interpreti, produttori. Tutta la filiera dell’industria dei contenuti, insomma. Ma vi sono state critiche da parte di rappresentanti dell’industria tecnologica e consumatori, che etichettano il compenso per copia privata come una “tassa”, che graverà sui produttori di supporti e apparecchiature. In realtà quest’automatismo non esiste. Sono i produttori di tecnologia digitale, le aziende telefoniche che potranno decidere se scaricarla sui consumatori finali o meno, a seconda delle dinamiche di mercato. In alcuni Paesi, per esempio alcuni produttori non hanno aumentato i prezzi, pur in presenza di aumenti tariffari del diritto di copia privata.
In risposta a queste critiche occorre fare, inoltre, in via preliminare, una distinzione importante: il compenso per copia privata non è una tassa. E’ invece, un compenso che va a soggetti privati, destinato a risarcire, sia pure in maniera parziale, i creatori delle opere dell’ingegno e gli altri aventi diritto dal danno provocato loro dal mancato acquisto dei supporti originali contenenti brani musicali, film, opere delle arti visive, ecc. E’ più in generale, un’applicazione del diritto d’autore, il cui principio ispiratore è quello di essere il compenso per il lavoro degli autori e di seguire, quindi, evoluzione e cambiamenti delle forme di sfruttamento delle opere: dal teatro, al fonografo, alla radio, alla televisione, al Cd, Dvd e ai mezzi digitali. Proprio perché quella dell’autore è una professione, quest’ultima va remunerata e ciò avviene attraverso il diritto d’autore nelle sue varie applicazioni: sul prezzo dei libri, dei biglietti per gli spettacoli, sui bilanci delle emittenti. Insomma su tutti i modi di sfruttamento delle opere. Il diritto di copia privata per uso personale, si situa in quest’ambito; esso è ribadito da una Direttiva comunitaria ed ha ragione di essere solo se segue l’evoluzione dei mezzi di registrazione e produzione. Altrimenti resta un diritto inapplicato.
L’entità del compenso previsto dal legislatore, tiene conto del fatto che sui supporti si possa registrare anche materiale non protetto dal diritto d’autore. E’ un opportunità per il consumatore, che può fare copie senza pagare il prezzo di un originale. Nei Paesi in cui questo compenso non è previsto, è vietato riprodurre una copia anche per uso personale.
Queste le principali obiezioni al decreto, alle quali si vuole dare una risposta chiara e sintetica:
1. Perché devono pagare il compenso anche coloro che non utilizzano supporti e apparecchi per copiare opere protette?
Perché il sistema non consente di risalire ad ogni utilizzo delle opere protette dal diritto d’autore. Non è possibile stabilire quante e quali opere verranno copiate su un singolo cd vergine o riprodotte su un qualsiasi apparecchio di registrazione. Se si dovesse pagare per l’utilizzo certo di ogni singola opera, il compenso dovrebbe essere molto più alto. Quindi il legislatore, fin dal 1992, in analogia con altri Paesi in tutto il mondo, ha deciso di permettere la realizzazione di copie ad uso personale di opere di cui si è entrati legittimamente in possesso in cambio di un compenso proporzionale alla capacità di immagazzinare e riprodurre dati.
Nella relazione illustrativa al decreto, redatta dall’Ufficio legislativo del MiBac, si sottolinea che “si è proceduto ad effettuare una distinzione fra prodotti dedicati audio e video e prodotti cosiddetti ibridi, ossia quei prodotti di nuova generazione che possono essere utilizzati anche per la registrazione di contenuti diversi. Per i prodotti dedicati, i compensi risultano più alti in quanto si tratta di prodotti destinati ad essere utilizzati dai consumatori per la riproduzione di opere protette, mentre per i prodotti ibridi il compenso previsto è più basso, in modo da ponderare anche gli usi diversi da quelli regolati dal compenso”. Sempre secondo la relazione illustrativa, il decreto ministeriale si sforza di contemperare gli interessi di tutti gli attori coinvolti dal provvedimento, da una parte gli aventi diritto e gli organismi che li rappresentano, dall’altro i produttori e distributori di apparecchi e supporti nonché dei consumatori. L’alternativa ai diritti d’autore per copia privata, sarebbe la proibizione di effettuare copie, come avviene in Gran Bretagna, in cui le registrazioni ad uso privato di opere tutelate sono considerate un reato con risvolti penali.
2. Perché bisogna pagare per i supporti e anche per gli apparecchi di registrazione?
In alcuni Paesi in cui per legge è consentita la copia ad uso personale, come Italia, Germania e Spagna, il legislatore ha previsto che il compenso per la copia privata venga “spalmato” su tutte le tipologie di prodotti atti a memorizzare e riprodurre le opere dell’ingegno, quindi sia i supporti, sia gli apparecchi di registrazione. In previsione dei futuri sviluppi tecnologici, il decreto tiene conto del fatto che ci sono sempre più apparecchi che registrano con supporto incorporato: infatti il compenso previsto su cd e dvd è in calo, mentre sono state prese in considerazione tipologie nuove, come le memorie, ormai presenti in molti apparati. Inoltre l’articolo 3 del decreto tiene conto del fatto che per gli apparecchi cosiddetti “polifunzionali” sia dovuto il compenso solo per la capacità di registrazione della memoria fissa. Il legislatore ha quindi ritenuto che il criterio più idoneo per stabilire l’entità del compenso sia quello che mette in relazione l’importo con la capacità di memoria del prodotto. Questo perché la maggiore possibilità di registrare opere corrisponde ad un maggiore danno economico per gli aventi diritto a seguito del mancato acquisto dell’originale.
Il decreto adegua la normativa italiana a quella europea e “pur ispirandosi al sistema attualmente vigente in Francia, - sottolinea la relazione MiBac- conduce alla definizione di tariffe che si presentano complessivamente attestate intorno al 50% di quelle francesi. Il che dimostra lo sforzo compiuto, con la partecipazione delle categorie interessate, nella direzione di garantire un risultato equilibrato, secondo quella logica di equo contemperamento di tutti gli interessi coinvolti”.
3. I soldi a chi vanno? Solo agli aventi diritto associati alla Siae?
No. E’ la legge a stabilirlo. Per i supporti ed apparecchi di registrazione audio, il compenso va per un 50% agli autori e loro aventi causa, per il 25% ai produttori di fonogrammi e per il restante 25% agli artisti interpreti o esecutori. Per i supporti e apparecchi di registrazione video, il 30% agli autori e il 70% in tre parti uguali ai produttori originari di opere audiovisive, ai produttori di videogrammi, agli artisti interpreti o esecutori. La legge affida alla Siae il compito di riscuotere il compenso e ripartirlo agli aventi diritto.
4. Perché si paga almeno tre volte uno stesso diritto?
Quando si acquista un cd o si scarica un brano musicale da un servizio Internet autorizzato si sta legittimamente acquistando un “originale”. Quando, invece, si vuole copiare questo originale su una memoria o su un cd tramite un apparecchio di registrazione si effettua una copia privata. Gli strumenti che consentono la creazione di questa copia ad uso personale sono assoggettati al compenso. Il legislatore, a questo proposito, e al fine di consentire di effettuare legalmente copie da originali di opere dell’ingegno, ha previsto un prelievo proporzionale alla capacità di registrazione e alla vocazione, più o meno dedicata, del tipo di dispositivo. Ha scelto, inoltre, di assoggettare al compenso varie tipologie di prodotti per evitare che il “peso” della royalty ricada solo su alcuni dei soggetti tenuti alla corresponsione in misura probabilmente maggiore (es. i produttori di chiavette USB anziché i produttori di pc con masterizzatore integrato).
5. Perché il Italia le tariffe sono così alte?
Le tariffe italiane non sono affatto alte, in rapporto agli altri Paesi europei in cui vige il compenso per copia privata. Solo per fare un esempio, pochi giorni fa le Società di autori tedesche hanno raggiunto un accordo con le Associazioni di categoria dei produttori di personal computer. Il compenso per Pc con masterizzatore integrato sarà di 13,65 euro e per i Pc senza masterizzatore di 12,15 euro, più IVA. In Italia, il decreto ministeriale ha fissato le tariffe per computer con masterizzatore integrato in 2,40 euro e per computer senza masterizzatore in 1,90 euro. In Francia i compensi dal 2008 sono il 50% più alti di quelli stabiliti dal decreto italiano e in Spagna, ad esempio sul cellulare, il compenso è di 1,10 euro, in Croazia è di 1,37 euro. Il compenso stabilito dal decreto in Italia è 0,90.
Fonte: www.siae.it
In risposta a queste critiche occorre fare, inoltre, in via preliminare, una distinzione importante: il compenso per copia privata non è una tassa. E’ invece, un compenso che va a soggetti privati, destinato a risarcire, sia pure in maniera parziale, i creatori delle opere dell’ingegno e gli altri aventi diritto dal danno provocato loro dal mancato acquisto dei supporti originali contenenti brani musicali, film, opere delle arti visive, ecc. E’ più in generale, un’applicazione del diritto d’autore, il cui principio ispiratore è quello di essere il compenso per il lavoro degli autori e di seguire, quindi, evoluzione e cambiamenti delle forme di sfruttamento delle opere: dal teatro, al fonografo, alla radio, alla televisione, al Cd, Dvd e ai mezzi digitali. Proprio perché quella dell’autore è una professione, quest’ultima va remunerata e ciò avviene attraverso il diritto d’autore nelle sue varie applicazioni: sul prezzo dei libri, dei biglietti per gli spettacoli, sui bilanci delle emittenti. Insomma su tutti i modi di sfruttamento delle opere. Il diritto di copia privata per uso personale, si situa in quest’ambito; esso è ribadito da una Direttiva comunitaria ed ha ragione di essere solo se segue l’evoluzione dei mezzi di registrazione e produzione. Altrimenti resta un diritto inapplicato.
L’entità del compenso previsto dal legislatore, tiene conto del fatto che sui supporti si possa registrare anche materiale non protetto dal diritto d’autore. E’ un opportunità per il consumatore, che può fare copie senza pagare il prezzo di un originale. Nei Paesi in cui questo compenso non è previsto, è vietato riprodurre una copia anche per uso personale.
Queste le principali obiezioni al decreto, alle quali si vuole dare una risposta chiara e sintetica:
1. Perché devono pagare il compenso anche coloro che non utilizzano supporti e apparecchi per copiare opere protette?
Perché il sistema non consente di risalire ad ogni utilizzo delle opere protette dal diritto d’autore. Non è possibile stabilire quante e quali opere verranno copiate su un singolo cd vergine o riprodotte su un qualsiasi apparecchio di registrazione. Se si dovesse pagare per l’utilizzo certo di ogni singola opera, il compenso dovrebbe essere molto più alto. Quindi il legislatore, fin dal 1992, in analogia con altri Paesi in tutto il mondo, ha deciso di permettere la realizzazione di copie ad uso personale di opere di cui si è entrati legittimamente in possesso in cambio di un compenso proporzionale alla capacità di immagazzinare e riprodurre dati.
Nella relazione illustrativa al decreto, redatta dall’Ufficio legislativo del MiBac, si sottolinea che “si è proceduto ad effettuare una distinzione fra prodotti dedicati audio e video e prodotti cosiddetti ibridi, ossia quei prodotti di nuova generazione che possono essere utilizzati anche per la registrazione di contenuti diversi. Per i prodotti dedicati, i compensi risultano più alti in quanto si tratta di prodotti destinati ad essere utilizzati dai consumatori per la riproduzione di opere protette, mentre per i prodotti ibridi il compenso previsto è più basso, in modo da ponderare anche gli usi diversi da quelli regolati dal compenso”. Sempre secondo la relazione illustrativa, il decreto ministeriale si sforza di contemperare gli interessi di tutti gli attori coinvolti dal provvedimento, da una parte gli aventi diritto e gli organismi che li rappresentano, dall’altro i produttori e distributori di apparecchi e supporti nonché dei consumatori. L’alternativa ai diritti d’autore per copia privata, sarebbe la proibizione di effettuare copie, come avviene in Gran Bretagna, in cui le registrazioni ad uso privato di opere tutelate sono considerate un reato con risvolti penali.
2. Perché bisogna pagare per i supporti e anche per gli apparecchi di registrazione?
In alcuni Paesi in cui per legge è consentita la copia ad uso personale, come Italia, Germania e Spagna, il legislatore ha previsto che il compenso per la copia privata venga “spalmato” su tutte le tipologie di prodotti atti a memorizzare e riprodurre le opere dell’ingegno, quindi sia i supporti, sia gli apparecchi di registrazione. In previsione dei futuri sviluppi tecnologici, il decreto tiene conto del fatto che ci sono sempre più apparecchi che registrano con supporto incorporato: infatti il compenso previsto su cd e dvd è in calo, mentre sono state prese in considerazione tipologie nuove, come le memorie, ormai presenti in molti apparati. Inoltre l’articolo 3 del decreto tiene conto del fatto che per gli apparecchi cosiddetti “polifunzionali” sia dovuto il compenso solo per la capacità di registrazione della memoria fissa. Il legislatore ha quindi ritenuto che il criterio più idoneo per stabilire l’entità del compenso sia quello che mette in relazione l’importo con la capacità di memoria del prodotto. Questo perché la maggiore possibilità di registrare opere corrisponde ad un maggiore danno economico per gli aventi diritto a seguito del mancato acquisto dell’originale.
Il decreto adegua la normativa italiana a quella europea e “pur ispirandosi al sistema attualmente vigente in Francia, - sottolinea la relazione MiBac- conduce alla definizione di tariffe che si presentano complessivamente attestate intorno al 50% di quelle francesi. Il che dimostra lo sforzo compiuto, con la partecipazione delle categorie interessate, nella direzione di garantire un risultato equilibrato, secondo quella logica di equo contemperamento di tutti gli interessi coinvolti”.
3. I soldi a chi vanno? Solo agli aventi diritto associati alla Siae?
No. E’ la legge a stabilirlo. Per i supporti ed apparecchi di registrazione audio, il compenso va per un 50% agli autori e loro aventi causa, per il 25% ai produttori di fonogrammi e per il restante 25% agli artisti interpreti o esecutori. Per i supporti e apparecchi di registrazione video, il 30% agli autori e il 70% in tre parti uguali ai produttori originari di opere audiovisive, ai produttori di videogrammi, agli artisti interpreti o esecutori. La legge affida alla Siae il compito di riscuotere il compenso e ripartirlo agli aventi diritto.
4. Perché si paga almeno tre volte uno stesso diritto?
Quando si acquista un cd o si scarica un brano musicale da un servizio Internet autorizzato si sta legittimamente acquistando un “originale”. Quando, invece, si vuole copiare questo originale su una memoria o su un cd tramite un apparecchio di registrazione si effettua una copia privata. Gli strumenti che consentono la creazione di questa copia ad uso personale sono assoggettati al compenso. Il legislatore, a questo proposito, e al fine di consentire di effettuare legalmente copie da originali di opere dell’ingegno, ha previsto un prelievo proporzionale alla capacità di registrazione e alla vocazione, più o meno dedicata, del tipo di dispositivo. Ha scelto, inoltre, di assoggettare al compenso varie tipologie di prodotti per evitare che il “peso” della royalty ricada solo su alcuni dei soggetti tenuti alla corresponsione in misura probabilmente maggiore (es. i produttori di chiavette USB anziché i produttori di pc con masterizzatore integrato).
5. Perché il Italia le tariffe sono così alte?
Le tariffe italiane non sono affatto alte, in rapporto agli altri Paesi europei in cui vige il compenso per copia privata. Solo per fare un esempio, pochi giorni fa le Società di autori tedesche hanno raggiunto un accordo con le Associazioni di categoria dei produttori di personal computer. Il compenso per Pc con masterizzatore integrato sarà di 13,65 euro e per i Pc senza masterizzatore di 12,15 euro, più IVA. In Italia, il decreto ministeriale ha fissato le tariffe per computer con masterizzatore integrato in 2,40 euro e per computer senza masterizzatore in 1,90 euro. In Francia i compensi dal 2008 sono il 50% più alti di quelli stabiliti dal decreto italiano e in Spagna, ad esempio sul cellulare, il compenso è di 1,10 euro, in Croazia è di 1,37 euro. Il compenso stabilito dal decreto in Italia è 0,90.
Fonte: www.siae.it