Da qualche anno a questa parte, la percentuale di ragazzi che si cimenta nel Djing, aumenta gradualmente ed in maniera esponenziale col passare del tempo.
Paradossalmente, stagione dopo stagione, la figura del Dj sembra però indebolirsi e perdere di valore professionale. È un controsenso bello e buono, soprattutto se consideriamo che in parecchi investono in questa passione oltre che tempo, anche in fiumi di denaro per trasformarla in una professione.
La cosa che non mi sono mai spiegato, è come mai per la categoria non ci sia un patentino o una sorta di Albo professionale universalmente riconosciuto e unico per tutti, che ne attesti l’ufficialità e ne garantisca un minimo di professionalità e codice deontologico da parte di chi la opera. Un ingegnere ad esempio, per poter mettere un timbro ed una firma su di un progetto, deve svolgere ulteriori esami dopo la laurea, superarli, ed ottenere così l’iscrizione all’ordine dei professionisti.
Quel timbro, presuppone tutta una serie di doveri adempiuti dal professionsita, insieme altrettanti diritti acquisiti meritatamente, nonché responsabilità soggettive; come un marchio di garanzia per intenderci.
Per quel timbro nessun costruttore ad esempio può chiedere progetti ad un laureando, oppure ad un personaggio improvvisato come tanti se ne trovano nei club.
Continuando nell’analogia, un organizzatore che volesse svolgere l’attività in maniera responsabile e regolare , potrebbe rivolgersi solamente a professionisti, che comunque garantirebbero una prestazione di qualità e all’altezza della situazione.
Sempre per quel timbro, o patentino, nessun dj “laureando” potrebbe svendersi al “peggior offerente” solo per provare “il brivido della consolle” . Questo inflazionamento della proposta, rovina il mestiere, svaluta il mercato.
Ci sono alcuni organizzatori, che affidano le redini della serata in mano a ragazzini che nonostante abbiano motivazioni molto “romantiche” per così dire, fanno inconsapevolmente male alla categoria, proponendosi per compensi simbolici o in alcuni casi inesistenti.
Ripeto, i ragazzini hanno le loro motivazioni di natura passionale, quindi criticabili ma non condannabili. Gli organizzatori che scendono a compromessi del genere invece, non dimostrano affatto tutta questa nobiltà di intenti.
Parlo di tutti quegli art directors di situazioni medio piccole che molto spesso dimenticano che la loro attività si svolge intorno alla musica, e che cercano di risparmiare approfittando di queste situazioni.
Pressapochismo e incapacità di autoregolamentazione dell’ambiente hanno fatto e stanno facendo male alla scena club italiana, che a parte in alcune isole felici, nella maggior parte dei casi sembra puntare sempre meno sulla qualità della sostanza, e sempre di più sulla “vuotezza” della forma.
I clubs italiani hanno bisogno di un rinnovamento di concept per uscire dal profondo sonno in cui sono entrati, profondo sonno in cui si trovano per colpa delle cattive gestioni da parte di tutti.
Una regolamentazione dei ruoli è sicuramente il presupposto iniziale per cominciare a ridare linfa ad un settore, quello dell’intrattenimento, che da anni vede protagonisti sempre meno professionisti seri e ahimè sempre più ciarlatani improvvisati.
Angelo “Kola” Colajanni. http://www.djmagitalia.com/sito/?p=520
Paradossalmente, stagione dopo stagione, la figura del Dj sembra però indebolirsi e perdere di valore professionale. È un controsenso bello e buono, soprattutto se consideriamo che in parecchi investono in questa passione oltre che tempo, anche in fiumi di denaro per trasformarla in una professione.
La cosa che non mi sono mai spiegato, è come mai per la categoria non ci sia un patentino o una sorta di Albo professionale universalmente riconosciuto e unico per tutti, che ne attesti l’ufficialità e ne garantisca un minimo di professionalità e codice deontologico da parte di chi la opera. Un ingegnere ad esempio, per poter mettere un timbro ed una firma su di un progetto, deve svolgere ulteriori esami dopo la laurea, superarli, ed ottenere così l’iscrizione all’ordine dei professionisti.
Quel timbro, presuppone tutta una serie di doveri adempiuti dal professionsita, insieme altrettanti diritti acquisiti meritatamente, nonché responsabilità soggettive; come un marchio di garanzia per intenderci.
Per quel timbro nessun costruttore ad esempio può chiedere progetti ad un laureando, oppure ad un personaggio improvvisato come tanti se ne trovano nei club.
Continuando nell’analogia, un organizzatore che volesse svolgere l’attività in maniera responsabile e regolare , potrebbe rivolgersi solamente a professionisti, che comunque garantirebbero una prestazione di qualità e all’altezza della situazione.
Sempre per quel timbro, o patentino, nessun dj “laureando” potrebbe svendersi al “peggior offerente” solo per provare “il brivido della consolle” . Questo inflazionamento della proposta, rovina il mestiere, svaluta il mercato.
Ci sono alcuni organizzatori, che affidano le redini della serata in mano a ragazzini che nonostante abbiano motivazioni molto “romantiche” per così dire, fanno inconsapevolmente male alla categoria, proponendosi per compensi simbolici o in alcuni casi inesistenti.
Ripeto, i ragazzini hanno le loro motivazioni di natura passionale, quindi criticabili ma non condannabili. Gli organizzatori che scendono a compromessi del genere invece, non dimostrano affatto tutta questa nobiltà di intenti.
Parlo di tutti quegli art directors di situazioni medio piccole che molto spesso dimenticano che la loro attività si svolge intorno alla musica, e che cercano di risparmiare approfittando di queste situazioni.
Pressapochismo e incapacità di autoregolamentazione dell’ambiente hanno fatto e stanno facendo male alla scena club italiana, che a parte in alcune isole felici, nella maggior parte dei casi sembra puntare sempre meno sulla qualità della sostanza, e sempre di più sulla “vuotezza” della forma.
I clubs italiani hanno bisogno di un rinnovamento di concept per uscire dal profondo sonno in cui sono entrati, profondo sonno in cui si trovano per colpa delle cattive gestioni da parte di tutti.
Una regolamentazione dei ruoli è sicuramente il presupposto iniziale per cominciare a ridare linfa ad un settore, quello dell’intrattenimento, che da anni vede protagonisti sempre meno professionisti seri e ahimè sempre più ciarlatani improvvisati.
Angelo “Kola” Colajanni. http://www.djmagitalia.com/sito/?p=520