Tanto tuonò che piovve.
Gli autori, compositori e interpreti italiani che contano di più – almeno negli equilibri della Siae – capitanati da Gino Paoli, in una lunga lettera aperta a firma del Segretario Generale della loro “Associazione” di categoria, propongono di mettere fine al monopolio della Siae e di liberalizzare il mercato della gestione ed intermediazione dei diritti d’autore.
“Perché alla Siae, a differenza di quanto accade nei Paesi più avanzati, è ancora normativamente riconosciuta l’intermediazione del diritto d’autore in via esclusiva?”.
E’ questa la domanda che pongono i cantautori italiani.
E questa è la risposta che propongono: “Si liberalizzi il mercato dell’intermediazione del diritto d’Autore, privando la Siae della possibilità di agire in via esclusiva… in questo modo se gli Autori e gli Editori musicali italiani dovessero un giorno non essere soddisfatti del servizio ricevuto, potranno all’occorrenza come accade nei paesi più avanzati del mondo, provare ad organizzare il loro lavoro e raccogliere i loro proventi in modo diverso ed autonomo.”.
Chi l’avrebbe mai detto.
I big della Siae, i beneficiari, sin qui, di uno dei più anacronistici monopoli italiani, che chiedono al Governo ed al Parlamento di staccare la spina, di privatizzare e liberalizzare il mercato della gestione dei diritti d’autori, di lasciare liberi gli autori di scegliere a chi affidarsi per l’amministrazione dei propri diritti.
Se questa è la conclusione alla quale sono arrivati i Signori della canzone italiana è evidente che la Siae – almeno nel suo attuale assetto – è davvero alla sua ultima fermata.
E poco conta che la ragione per la quale Gino Paoli e gli altri “ricchi” della musica italiana sono arrivati a questa conclusione sia, solo ed esclusivamente di carattere economico: non vogliono più finanziare con i propri soldi – e lo scrivono nella lettera senza mezze parole – un carrozzone costoso ed inefficiente che, neppure in tempi di crisi, è stato capace di mettersi a dieta.
“Se il Legislatore intende con la Siae tutelare interessi sociali più ampi di quelli della categoria degli Autori ed Editori Musicali, lo faccia con denaro della collettività realizzando e definendo quello che è e deve essere un effettivo Servizio Pubblico. Gli Autori e gli Editori musicali, utilizzeranno tale Servizio corrispondendo all’Ente quanto dovuto in termini di mercato su di una ponderata anche preventivamente condivisa con le Istituzioni, che tenga però conto di ricavi, qualità dei servizi e costi.”.
Impossibile essere più chiari .
La Siae, così com’è, secondo i Signori della musica italiana è ingovernabile.
La sua natura di ente pubblico richiederebbe una governance democratica, incompatibile con l’anima di società privata che anima la società in nome della quale chi porta più soldi deve contare di più.
E’ inutile girarci attorno perché tanto basta a segnare il destino della Società Italiana autori ed editori.
Il de profundis d’Autore della Siae è cantato all’unisono dai grandi della musica italiana.
A questo punto tanto vale affrettarsi a staccare la spina, e garantire alla Siae una dolce morte piuttosto che una lenta e dolorosa agonia che, peraltro, rischia di compromettere importanti interessi economici e culturali del Paese.
Ma occorre dettare regole chiare che guidino il processo di privatizzazione e di liberalizzazione del mercato, inclusa la liquidazione e lo scioglimento della società.
E’ questa, probabilmente, la questione più delicata perché deve essere ben chiaro a tutti che se si procede allo smantellamento del monopolio della Siae, il nuovo mercato dovrà essere davvero libero e non già, come accaduto in molti altri contesti liberalizzati, caratterizzato dallo strapotere dell’ex monopolista in ragione della posizione di privilegio che gli viene consentito di mantenere.
Questa volta, a differenza di quanto accaduto nei mercati energetici, in quello postale, in quello delle telecomunicazioni ed in decine di altri mercati non ci sono infrastrutture il cui controllo limiti forzatamente ed irrimediabilmente la libertà del mercato.
Si discute di intermediazione e gestione di diritti sull’immateriale.
Il nuovo mercato può – e deve – davvero, essere libero, aperto e competitivo e, per questa via, garantire la massima efficienza ai due beneficiari ultimi di ogni sistema di gestione dei diritti d’autore: i titolari dei diritti e la collettività.
Il rischio a liberalizzare male e che si consenta, nella sostanza, ai ricchi di prendersi la Siae che già oggi vorrebbero e si costringano i poveri ad associarsi in una società destinata a rimanere la cenerentola del mercato perché impossibilitata a sfidare davvero l’ex monopolista in termini di idee, efficienza, costi e risultati.
Occorrerà, dunque, che il Parlamento per quanto di sua competenza e gli organi di vigilanza e controllo sulla Siae per quanto di loro, si preoccupino di dettare le regole per la liquidazione del patrimonio dell’Ente che non può essere lasciata agli attuali equilibri di forza interni alla società medesima e quelle per la condivisione, tra tutti i soggetti che intenderanno operare sul mercato dell’intermediazione dei diritti, del know how, delle basi di dati e degli strumenti sin qui utilizzati, in esclusiva dalla Siae.
Sarà poi necessario riscrivere le regole – almeno sin tanto che non sarà possibile eliminare certi anacronistici istituti dal nostro Ordinamento – per la riscossione di ogni equo compenso, tassa o balzello che tragga la sua giustificazione nell’esigenza di remunerare o indennizzare i titolari dei diritti e/o di vigilale sul rispetto dei diritti.
L’equo compenso per copia privata, i servizi di vidimazione. La vendita dei contrassegni, sono tutte entrate che andranno ripartite tra tutti i soggetti che opereranno nel nuovo mercato.
Egualmente – facendo tesoro di quanto sta accadendo nel neo liberalizzato mercato dei diritti connessi – occorrerà preoccuparsi che la concorrenza non finisca con l’essere fatta pagare ai titolari dei diritti, non consentendo di abbattere, sotto talune soglie di garanzia, il compenso spettante a questi ultimi.
Il monopolio della Siae è al capolinea e non c’è più ragione per trascinarne oltre l’esistenza avventurandosi lungo impervi sentieri che hanno per presupposto una convivenza, ormai divenuta palesemente impossibile, tra le diverse componenti oggi presenti nella Siae.
I cantautori italiani – è proprio il caso di dirlo – hanno dato il là, ora tocca alle istituzioni completare l’opera.
Il Governo dei professori sarà all’altezza del compito?
di Guido Scorza http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/05/siae-ultima-fermata-liberalizzazione/284732/
Gli autori, compositori e interpreti italiani che contano di più – almeno negli equilibri della Siae – capitanati da Gino Paoli, in una lunga lettera aperta a firma del Segretario Generale della loro “Associazione” di categoria, propongono di mettere fine al monopolio della Siae e di liberalizzare il mercato della gestione ed intermediazione dei diritti d’autore.
“Perché alla Siae, a differenza di quanto accade nei Paesi più avanzati, è ancora normativamente riconosciuta l’intermediazione del diritto d’autore in via esclusiva?”.
E’ questa la domanda che pongono i cantautori italiani.
E questa è la risposta che propongono: “Si liberalizzi il mercato dell’intermediazione del diritto d’Autore, privando la Siae della possibilità di agire in via esclusiva… in questo modo se gli Autori e gli Editori musicali italiani dovessero un giorno non essere soddisfatti del servizio ricevuto, potranno all’occorrenza come accade nei paesi più avanzati del mondo, provare ad organizzare il loro lavoro e raccogliere i loro proventi in modo diverso ed autonomo.”.
Chi l’avrebbe mai detto.
I big della Siae, i beneficiari, sin qui, di uno dei più anacronistici monopoli italiani, che chiedono al Governo ed al Parlamento di staccare la spina, di privatizzare e liberalizzare il mercato della gestione dei diritti d’autori, di lasciare liberi gli autori di scegliere a chi affidarsi per l’amministrazione dei propri diritti.
Se questa è la conclusione alla quale sono arrivati i Signori della canzone italiana è evidente che la Siae – almeno nel suo attuale assetto – è davvero alla sua ultima fermata.
E poco conta che la ragione per la quale Gino Paoli e gli altri “ricchi” della musica italiana sono arrivati a questa conclusione sia, solo ed esclusivamente di carattere economico: non vogliono più finanziare con i propri soldi – e lo scrivono nella lettera senza mezze parole – un carrozzone costoso ed inefficiente che, neppure in tempi di crisi, è stato capace di mettersi a dieta.
“Se il Legislatore intende con la Siae tutelare interessi sociali più ampi di quelli della categoria degli Autori ed Editori Musicali, lo faccia con denaro della collettività realizzando e definendo quello che è e deve essere un effettivo Servizio Pubblico. Gli Autori e gli Editori musicali, utilizzeranno tale Servizio corrispondendo all’Ente quanto dovuto in termini di mercato su di una ponderata anche preventivamente condivisa con le Istituzioni, che tenga però conto di ricavi, qualità dei servizi e costi.”.
Impossibile essere più chiari .
La Siae, così com’è, secondo i Signori della musica italiana è ingovernabile.
La sua natura di ente pubblico richiederebbe una governance democratica, incompatibile con l’anima di società privata che anima la società in nome della quale chi porta più soldi deve contare di più.
E’ inutile girarci attorno perché tanto basta a segnare il destino della Società Italiana autori ed editori.
Il de profundis d’Autore della Siae è cantato all’unisono dai grandi della musica italiana.
A questo punto tanto vale affrettarsi a staccare la spina, e garantire alla Siae una dolce morte piuttosto che una lenta e dolorosa agonia che, peraltro, rischia di compromettere importanti interessi economici e culturali del Paese.
Ma occorre dettare regole chiare che guidino il processo di privatizzazione e di liberalizzazione del mercato, inclusa la liquidazione e lo scioglimento della società.
E’ questa, probabilmente, la questione più delicata perché deve essere ben chiaro a tutti che se si procede allo smantellamento del monopolio della Siae, il nuovo mercato dovrà essere davvero libero e non già, come accaduto in molti altri contesti liberalizzati, caratterizzato dallo strapotere dell’ex monopolista in ragione della posizione di privilegio che gli viene consentito di mantenere.
Questa volta, a differenza di quanto accaduto nei mercati energetici, in quello postale, in quello delle telecomunicazioni ed in decine di altri mercati non ci sono infrastrutture il cui controllo limiti forzatamente ed irrimediabilmente la libertà del mercato.
Si discute di intermediazione e gestione di diritti sull’immateriale.
Il nuovo mercato può – e deve – davvero, essere libero, aperto e competitivo e, per questa via, garantire la massima efficienza ai due beneficiari ultimi di ogni sistema di gestione dei diritti d’autore: i titolari dei diritti e la collettività.
Il rischio a liberalizzare male e che si consenta, nella sostanza, ai ricchi di prendersi la Siae che già oggi vorrebbero e si costringano i poveri ad associarsi in una società destinata a rimanere la cenerentola del mercato perché impossibilitata a sfidare davvero l’ex monopolista in termini di idee, efficienza, costi e risultati.
Occorrerà, dunque, che il Parlamento per quanto di sua competenza e gli organi di vigilanza e controllo sulla Siae per quanto di loro, si preoccupino di dettare le regole per la liquidazione del patrimonio dell’Ente che non può essere lasciata agli attuali equilibri di forza interni alla società medesima e quelle per la condivisione, tra tutti i soggetti che intenderanno operare sul mercato dell’intermediazione dei diritti, del know how, delle basi di dati e degli strumenti sin qui utilizzati, in esclusiva dalla Siae.
Sarà poi necessario riscrivere le regole – almeno sin tanto che non sarà possibile eliminare certi anacronistici istituti dal nostro Ordinamento – per la riscossione di ogni equo compenso, tassa o balzello che tragga la sua giustificazione nell’esigenza di remunerare o indennizzare i titolari dei diritti e/o di vigilale sul rispetto dei diritti.
L’equo compenso per copia privata, i servizi di vidimazione. La vendita dei contrassegni, sono tutte entrate che andranno ripartite tra tutti i soggetti che opereranno nel nuovo mercato.
Egualmente – facendo tesoro di quanto sta accadendo nel neo liberalizzato mercato dei diritti connessi – occorrerà preoccuparsi che la concorrenza non finisca con l’essere fatta pagare ai titolari dei diritti, non consentendo di abbattere, sotto talune soglie di garanzia, il compenso spettante a questi ultimi.
Il monopolio della Siae è al capolinea e non c’è più ragione per trascinarne oltre l’esistenza avventurandosi lungo impervi sentieri che hanno per presupposto una convivenza, ormai divenuta palesemente impossibile, tra le diverse componenti oggi presenti nella Siae.
I cantautori italiani – è proprio il caso di dirlo – hanno dato il là, ora tocca alle istituzioni completare l’opera.
Il Governo dei professori sarà all’altezza del compito?
di Guido Scorza http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/05/siae-ultima-fermata-liberalizzazione/284732/