Irving Azoff, del gruppo Global Music Rights che rappresenta oltre 40 artisti tra cui Williams, Eagles, Chris Cornell, Smokey Robinson e John Lennon, sostiene che YouTube non ha mai pagato ai suoi assistiti i diritti d’utilizzo di migliaia di canzoni, pur avendo negoziato diversi contratti con le etichette discografiche e sarebbe pronto ad avviare una causa da 1Mld di $ contro YouTube per la mancata rimozione di circa 20.000 video dal servizio di streaming video.
La minaccia della causa miliardaria arriva dopo il lancio in sette Paesi (Italia compresa) di Music Key, un servizio di musica in streaming a pagamento con video o solo audio ma senza pubblicità, con un miliardo di visitatori unici che guardano video ogni mese, YouTube è oggi la più importante fonte di musica legale online.
Williams in particolare dichiara di incassare solo 2700$ per 43 milioni di stream del brano nel primo trimestre del 2014.
Nonostante il successo internazionale della sua “Happy”, i Grammy, e i suoi brand musicali, l’artista ha incassato, in diritti da editore e compositore, 2700 dollari da Pandora.
Secondo Marty Bandier, Ceo di Sony/Atv, 1 milione di stream di un brano valgono 60$ di royalties.
“Noi vogliamo che questi servizi abbiano successo perché sono un ottimo modo per i fan di sentire la musica che amano e per tutti di generare nuovi introiti, ma non è possibile che a farne le spese siano i cantautori le cui canzoni sono fondamentali proprio per l’esistenza e il mantenimento di questi stessi servizi“.
Dave Grimaldi (Pandore) risponde: “Pandora è il servizio che più riconosce ad artisti e cantautori. Abbiamo pagato, dal nostro inizio, più di 1Mld di diritti ai loro detentori, il che ammonta alla metà delle entrate da noi generate. Nello specifico del brano citato, abbiamo riconosciuto a tutti i titolari dei diritti 150.000$ in 3 mesi. Quindi la questione non è quanto Pandora riconosca, quanto la disputa tra etichette ed editori su come ripartire le royalties. Bandier e i suoi colleghi di etichetta sono liberi di cambiare la ripartizione dei diritti già pagati da Pandora come meglio credono, invitiamo alla trasparenza su quanti di quei diritti arrivino ad artisti e cantautori“.
Insomma, ci manca solo che siano i servizi streaming a riportare a galla l’annosa questione di quanto i cantautori ottengano dalla propria musica, e quanto sia invece trattenuto dalle etichette.
Google sostiene che sia tutto regolare, e quindi si rifiuta di rimuovere i contenuti.