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    Pacha di Ibiza

    MAX TESTA
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    Pacha di Ibiza Empty Pacha di Ibiza

    Messaggio Da MAX TESTA Mer 14 Set 2016 - 18:50

    Pacha di Ibiza Pacha-10

    Quando i fratelli Ricardo e Piti Urgell decidono di aprire un club alle porte di Barcellona non hanno assolutamente in mente di costruire un’azienda dal fatturato milionario o tantomeno di entrare nella storia. Vogliono semplicemente trovare un modo per divertirsi e incontrare belle ragazze. Parole loro. È il 1967 e a Sitges, 40 chilometri a sud di Barcellona, nasce il primo Pacha della storia. Il nome Pacha deriva dalla vocazione lussuriosa dei fratelli Urgell che amano la bella vita. Con il termine pascià infatti si indicavano nell’impero Ottomano sia i primogeniti del sultano e degli alti funzionari sia coloro che si erano distinti per coraggio e virtù sul campo di battaglia e che dunque avevano diritto ad una vita privilegiata e sfavillante. Ancora oggi si usa dire “vivere come un pascià” in riferimento ad uno stile di vita comodo.
    Le leggende spesso nascono per gioco, quasi per caso, e magari in un periodo storico all’apparenza poco favorevole. Siamo negli anni sessanta e la Spagna è sotto il regime dittatoriale di Francisco Franco. È comunque un periodo molto fertile che in Spagna chiamano desarollo e cioè “di sviluppo” e che nei libri di storia è indicato come “miracolo spagnolo”. Nonostante le rigide autorità locali non vedano di buon occhio certe attività ricreative come la strana passione per il divertimento notturno dei fratelli Urgell, in una calda giornata d’estate le bianche vie di Sitges vengono invase da volantini e manifesti pubblicitari che ritraggono un occhio in bianco e nero, stilizzato, molto pop. Sul volantino vi è disegnata una palpebra socchiusa con ciglia lunghe e arricciate. L’autore è il grafico Jordi Vila che per l’occasione ha ritoccato una foto dell’attrice Carmen Sevilla molto popolare in Spagna in quegli anni. Due modelle di origine africana, bellissime, statuarie, annunciano l’evento della sera girando per le vie della località marittima a bordo di una Seat 600. Fu una visione per i turisti e gli abitanti del posto. C’è una bella testimonianza di J.R. Mari, tra i primi clienti del Pacha Sitges e amico della famiglia Urgell che descrive molto bene quella magica prima serata: “quel posto era completamente diverso dagli altri in cui ero stato. Era grande, enorme. C’era odore di vernice, profumava di crema doposole. La musica era bassa, ma di buona qualità. Non era quello che mi aspettavo. Era un jazz soft che permetteva di sentire il ronzio delle conversazioni e il tintinnio dei bicchieri. Mi sono molto sorpreso quando mi sono accorto che in consolle c’era Jean Claude, un tipo tosto, un dj e produttore del giro Motown. Improvvisamente, quando la folla rendeva il locale più caldo di una sauna le note del lato B di ‘Sergeant Pepper’ fecero esplodere la pista. Lo stupore si trasformò in euforia. Un momento unico e irripetibile”. Così nasce la leggenda del Pacha.

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    Ma è sei anni dopo, nel 1973, che una scelta più spirituale che commerciale cambia per sempre non solo la loro vita ma anche la storia dell’intrattenimento notturno. Nel giugno di quell’anno infatti, i fratelli Urgell decidono di comprare un appezzamento di terra nella zona portuale di Ibiza, isola delle Baleari di cui si parla un gran bene. A cavallo tra gli anni sessanta e settanta lbiza è diventata in poco tempo il centro nevralgico della controcultura europea. Sono arrivati sull’isola gruppi di hippie californiani alla ricerca di un posto magico e incontaminato che fosse una valida alternativa estiva all’India e al Marocco. Attratti dalla posizione geografica che favorisce un clima ottimo tutto l’anno e dall’importante storia spirituale che l’isola porta con sé sin dalle epoche precedenti, le prime comunità hippie si stanziano in questa sonnolenta isoletta del mediterraneo immersa nella natura. Per non andarsene più. La comunità hippie importa sull’isola tutti i valori che la identifica, dalla spiritualità alla moda, valori subito adottati dal jet set alternativo. Stilisti, artisti, attori, musicisti cominciano a raggiungere Ibiza con i primi voli charter della storia alla ricerca di nuove forme d’arte e di edonismo. In un lampo Ibiza diventa un’icona di moda e tendenza creando uno stile tutto suo, perfettamente in equilibrio tra spirituale e materiale, tra notti senza fine e silenzio assoluto. È in questo fermento culturale che nel giugno del 1973 Ricardo e Piti Urgell inaugurano quello che ancora oggi è considerato il padre di tutti i nightclub moderni: il Pacha di Ibiza. Il club si trova nella zona del porto, dalla parte di Marina Botafoch, oggi lussuosa banchina che affaccia i suoi appartamenti su Yacht milionari. Quarant’anni fa invece la sera dell’apertura il Pacha era l’unica costruzione presente da quella parte del porto. Un casolare tipico, una finca sistemata ma neanche troppo, bianca, sporcata da una rigogliosa vegetazione selvaggia.
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    Rosetta Montenegro, tra le prime PR del Pacha di Ibiza e personaggio storico del club ricorda così quell’estate del 1973: “a quel tempo le serate iniziavano e finivano presto. Alle 4 del mattino eravamo già tutti a casa. Il locale era molto più piccolo di oggi. C’era una pista da ballo con dei cuscini tutti intorno. Potevi andare in consolle e parlare con il dj, chiedergli un disco. Era tutto selvaggio, molto più di adesso. Tutti si vestivano in modo stravagante, in bianco oppure con dei vestiti afro, dipendeva dal tema della festa. Ricordo una sera in cui Ricardo e Piti misero una piscina nel mezzo alla pista dove giocavamo dentro come dei bambini”. Nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe mai immaginato che quel pezzo di terra dove fino a qualche giorno prima le capre pascolavano liberamente, dove una donna delle pulizie e 15 dipendenti si dividevano l’incasso della serata inaugurale poco superiore ai 200 euro, potesse diventare il simbolo di quattro generazioni e una macchina da soldi.
    Negli anni settanta al Pacha di Ibiza si respira un’aria di incredibile libertà. Tutti vanno al Pacha per liberare i propri istinti e smarrire le proprie inibizioni. Le star dello spettacolo condividono la pista con la gente comune, modelle e attrici si lasciano corteggiare dagli hippie e dagli artisti. L’atmosfera in quegli anni è magica e il club non solo porta sull’isola un modo nuovo di concepire il divertimento ma inventa un vero e proprio stile di vita che adotta i valori della controcultura hippie per trasformali in un qualcosa di trendy, alla moda ma sempre non convenzionale e non per tutti. Una distinzione che però non si basa sull’aspetto fisico o sul denaro. Quello che conta è l’attitudine e l’amore per la musica. Il Pacha di Ibiza viene immediatamente etichettato come il posto del jet set hippie dove tutti stanno insieme. Non c’è nessuna VIP room perché tutti sono in un’unica grande VIP room. Nel giro di pochi anni quella casa colonica in mezzo al nulla viene trasformata dai fratelli Urgell, insieme al loro amico e architetto Jordi Goula, nel centro fisico e spirituale del marchio Pacha.
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    Con gli anni ottanta il glam arriva sulla Isla Blanca. Sono gli anni dell’edonismo più sfrenato, gli anni dove il consumismo prende possesso anche del mondo della notte. Il Pacha di Ibiza si adatta al cambiamento dei tempi conservando però sempre e comunque il suo spirito, la sua anima sulla quale è nato e si è sviluppato. Nel 1983 il locale viene ristrutturato e ampliato. Viene costruita la main room così come la conosciamo adesso, vengono potenziati gli impianti luci e audio. Nel 1986 inoltre i fratelli Urgell accolgono per la prima volta nel nuovo Pacha dei promoter stranieri. Il party si chiama Moondance, il promoter è Josè Padilla e i deejay sono Sasha e John Digweed. Qui il concetto di spazio e tempo a Ibiza comincia a confondersi e a non contare più. Le feste durano sempre di più e poco importa se è lunedì, mercoledì o sabato. Al Pacha di Ibiza è sempre la serata della tua vita. Tra le feste a tema che hanno fatto la storia del club ce n’è una che resiste nel tempo più forte che mai: il Flower Power, la festa per antonomasia, quella che rievoca più di ogni altra il spirito primordiale, esportata e imitata in tutto il mondo. Ancora oggi in consolle con la stessa valigia piena di vinili, c’è Piti Urgell. Oggi come quella prima volta quaranta anni fa. Vi assicuro che vedere quei vinili consumati dal tempo girare sui piatti è veramente emozionante, un momento che ti lega a doppio filo ad un epoca fantastica come nessun’altra. Anche se non l’hai mai vissuta.
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    Pacha oggi è uno dei brand più conosciuti a livello globale. Merito di quelle due ciliegie rosse che avrete sicuramente visto in maglie, felpe, cappellini, portachiavi, imitazioni e addirittura tatuaggi. Un logo nato come la sua stessa leggenda: per caso. Si racconta infatti che l’avvocato della famiglia Urgell non riuscisse mai a ricordare i nomi delle società che Ricardo e Piti stavano lanciando ai tempi del boom. Così, per facilitargli il compito, Ricardo gli suggerì di nominarle con i nomi dei frutti: mela, ciliegia e così via. Le ciliegie lo ispirarono talmente tanto che diventarono il logo del locale, uno dei loghi più famosi del mondo, precursore di un nuovo modo di fare branding e marketing. Così rivoluzionario da convincere la Ford ha lanciare nel 1991 la prima auto brandizzata da un locale notturno: la Ford Fiesta Pacha. È evidente che Pacha non avrebbe mai significato solo discoteca. Il franchising è sempre stato il modello di sviluppo preferito dagli Urgell portato avanti dai figli di Ricardo Urgell, ormai ottantenne. Le discoteche sono 16, diminuite rispetto al passato per riuscire ad avere un maggiore controllo in una fase di spending review. La sede di New York, nella zona di Hell’s Kitchen, ad esempio è stata chiusa contemporaneamente all’apertura di un mega club a Macao. Nuovi mercati, nuove idee. Il nuovo amministratore delegato, che porta il nome del padre, ha in mente di aprire una trentina di alberghi e un centinaio una cinquantina di ristoranti nel giro di un decennio, il tutto senza però scalfire l’autenticità del marchio. Alcuni insinuano che la diversificazione dell’offerta sia in realtà dovuta alla scarsa passione per il ballo dei nuovi amministratori ma è anche vero che Pacha ha sempre rappresentato uno stile di vita a trecentosessanta gradi, che va al di la della festa in discoteca. È un’esperienza che inizia e finisce in una delle lussuose suite del El Hotel, albergo di lusso a due passi dal club. È un etichetta discografica e un magazine di successo, è un marchio d’abbigliamento e garanzia di lusso e stile, come quello che si può trovare al Lío o al Destino, entrambi resort di ultima generazione sempre di proprietà della famiglia Urgell. Il Pacha di Ibiza è senza dubbio uno dei club più carismatici e autentici del mondo. Un club che in quaranta anni ha saputo accogliere stili, mode e tendenze. Ma quello che più importa è che il Pacha ha lanciato stili, mode e tendenze. Ha inventato la democrazia della notte mostrando alla gente che in una pista da ballo siamo tutti uguali senza distinzione alcuna. Oggi purtroppo quella purezza si è persa un po’ persa. Al Pacha l’area VIP domina la scena a colpi di migliaia di euro ma non per questo significa che all’interno di quelle mura leggendarie non possa accadere qualcosa di incredibile.


    Liberamente tratto da: www.djmagitalia.com

      La data/ora di oggi è Sab 23 Nov 2024 - 9:15