Poche canzoni hanno segnato il pop-rock degli anni ’80 quanto “Africa” e “Rosanna”. Pochi dischi hanno avuto l’impatto del 4° album dei Toto, in classifica e nell’immaginario di quello che sarebbe passato alla storia come AOR. “Album-oriented rock”, qualche volta descritto anche come “Adult oriented rock”.
Questo sono, nel 1982, i Toto: un gruppo di adulti musicisti, che fa musica per i loro coeteanei. Lontani mille miglia dalle furie del punk, e dai suoi esiti: la new wave, il punk. No, la musica dei Toto è di tutt’altra pasta. La loro piccola rivoluzione adulta, nel 1978, era funzionata bene: il primo album fu un successo. Lo stesso però non capitò ad “Hydra” e “Turn back”, i due album successivi, che si fermarono al 37° e al 41° posto e non riuscirono a stabilire un’identità sonora per la band. C’era addirittura il rischio di venire scaricati dalla Columbia.
Così la band si decise, dopo solo 4 anni dall’esordio, a progettare un ritorno alle origini – simboleggiato anche dalla copertina: il logo di Peter Garris, l’anello con la spada, diventano 4 anelli.
Il disco è semplicemente “Toto IV”. 4 come i dischi. E gli anelli sono disegnati in maniera più netta, su sfondo rosso monocromatico -a differenza dello sfondo “stellato” del primo disco. Questa fu la rappresentazione la ricerca sonora della band: uno suono più pulito.
La band si rinchiuse in studio per buona parte dell’81, e ampliò la lineup. Il nucleo rimase quello dei consolidati sessionmen che nel ’78 si erano uniti per formare un gruppo autonomo: David Paich (tastiere, voce, arrangiamenti), Steve Lukather (chitarra e voce), Bobby Kimball (voce), i fratelli Porcaro, Jeff (batterie) e Steve (tastiere) e David Hungate (basso). Ma ai sessionmen trasformati in gruppo si aggiunsero altri sessionmen, tra cui Joe Porcaro, padre di Steve e Jeff, e Mike, il loro fratello di mezzo – sarebbe entrato stabilmente in formazione al basso sostituendo Hungate. “Toto IV” sarebbe stato infatti l’ultimo album con il nucleo originale. Anche Kimball uscì: venne cacciato poco dopo, diventato ingestibile per i suoi problemi di droga. Per mettere tutto questo ben di dio sonoro assieme, la band usò tre registratori da 24 tracce, messi in linea tramite computer, arrivando così a 69 tracce per canzone.
Il risultato è un disco ricco, dal punto di vista sonoro, in cui le tastiere e le chitarre si intrecciano in continuazione: è, fin da “Rosanna”, la definizione del rock mainstream degli anni ’80. La canzone venne usata come singolo d’apertura nei primi mesi dell’82. Si piazzò al 2° posto in classifica per cinque settimane consecutive, dietro “Don’t you want me” degli Human League e “Eye of the Tiger” dei Survivor. Ma si vendicò nell’83, vincendo il Grammy come “Record of the year”. La band ne vinse altri due, su sei nomination complessive: “Album of the Year” e “Producer of the Year”.
Il disco non fu accolto benissimo: Rolling Stone gli diede due misere stelle, accusandolo di essere troppo pulito – che in fin dei conti era esattamente l’obbiettivo della band.
Ma da parte della critica rock c’è sempre stata diffidenza nei confronti dei Toto. Non da parte del pubblico: l’album riportò la band in cima alle classifiche, anzi a livelli mai visti. 5 Milioni di copie. Continuarono per la loro strada, facendo anche i sessionmen come prima – il tour fu rimandato perché alcuni di loro dovevano lavorare a “Thriller” di Michael Jackson. Ma ancora oggi, quando pensi a loro, quando tornano a suonare come band – perché tornano a suonare, anche se la formazione è cambiata tante volte negli anni – la mente corre ad “Africa”, o “I won’t hold you back”, e la nostalgia per gli anni ’80 riparte, sentendo quel suono riconoscibile dopo pochi secondi.
Fonte: Rockol