Riprendo qui un vecchio articolo molto interessante di Marco Pipitone
Basta con le solite canzoni, un paese moderno si vede anche dal Dancefloor! Così parte Il Manifesto Contro la Rockoteca a cura di Francesco Pacifico.
Pare che la questione sia sfuggita di mano ai dj dell’estate romana, i quali a detta dello scrittore, propongono sempre e solo gli stessi brani.
Il Manifesto contro la Rockoteca si legge nel blog “È da stampare, compilare, firmare e affiggere accanto ai piatti o all’entrata del locale”. Perché il dj rock , alla fine, mette sempre gli stessi pezzi (e va fermato).
Un appello rivolto agli amanti della musica, stanchi di sentire “le solite cose”. Il brillante scrittore evidentemente frustrato da quanto gli tocca subire nella sua rockoteca preferita, da libero sfogo alle proprie frustrazioni formulando addirittura un elenco dettagliato di canzoni che il dj dovrebbe – una volta firmato il manifesto – non suonare almeno per un anno.
Facendo riferimento alla play list incriminata si scorgono in effetti “perle dal valore incalcolabile”. A brillare, in effetti, sono canzoni che mai ci si augurerebbe di ritrovarsi “sotto i piedi” come ad esempio le sigle dei cartoni animati, anche se riflettendo è facile pensare che, se il dj romano in questione, “suona” Holly e Benji, evidentemente è quello che la massa del posto in cui lavora vuole ballare…
In Italia, in termini musicali, a regnare sovrana è l’ignoranza e non la ricerca; un dato di fatto, un malessere che si acuisce sempre più con l’andare del tempo e delle generazioni.
In questi ambiti – diversamente da quelli “House” – le persone ballano soltanto ciò che conoscono. Esiste un margine estremamente ridotto legato alla possibilità di proporre novità; starà alla sensibilità/abilità del selectioner far digerire – tra un pezzo conosciuto e un altro – qualcosa di nuovo o abilmente ripescato. Valga la regola numero uno: non è la musica a fare la differenza ma come “la si mette!”
Poi, la fauna inerente i locali, è ricca e variegata; c’è chi balla e non conosce mediamente ciò che sta ascoltando e chi invece ne comprende i dogmi. In tal caso sono dolori. “Colui che ne comprende i dogmi” è generalmente “un rompipalle”, ritiene di “saperne” ben più del dj, ha mediamente trent’anni e da troppo tempo resta incollato alla consolle: ne conosce i segreti, ha imparato i brani a memoria e nel frattempo si è costruito una certa integrità; è infatti amico dei responsabili, dei buttafuori e dai baristi vuole da bere, possibilmente a scrocco.
“Nei suoi viaggi”, il sogno recondito di fare il dj si propaga lentamente divenendo quasi reale. Comincia col fornire qualche consiglio e finisce con il portarti un disco da mettere; al conseguente diniego, comincerà “a sibilare” tra le luci cercando proseliti contro lo sfortunato disc jokey, il quale – bontà sua – per non soccombere, dovrà essere capace di evitare cadute di stile (sigle tv e musica italiota varia) e dimostrare quel po’ di coraggio che oltre a non guastare ne caratterizzerà il tratto.
Non basterà! “La serpe”, affamata e senza scrupoli, si muove circospetta, pronta a colpire nell’ombra, fiduciosa che il suo sogno – presto o tardi – si trasformerà in realtà.
Povero illuso… per essere un dj non è sufficiente conoscere la musica, occorre saper “leggere” la pista: intuire il momento per essere “includenti” corrisponde a “liberare” le virtù femminili; capire quando essere “escludenti” coincide con il libero sfogo delle pulsioni maschili e infine, percepire quando le due entità possano finalmente essere “unenti”… resta la circostanza principale da individuare nell’arco dell’intera serata.
Tornando al manifesto in questione, prima di redigerlo, si dovrebbe capire cosa viene celato dietro il lavoro del dj; la performance è soltanto il culmine di una faccenda ben più complessa, pensata e alimentata senza reticenze, frutto di passione e trasparenza negli intenti, possibilmente condivisa con i gestori dei locali ai quali non importa nulla “dei quattro fighetti snob” che chiedono il nuovo pezzo dei Chromatics; alla proprietà interessa che Jerry Lee Lewis “faccia sciogliere la lingua” ai quattrocento assatanati in pista, poiché subito dopo, andranno ad abbeverarsi al bar (senza scroccare).
Nel frattempo il solito dj qualunque, mentre ascolta il nuovo disco dei Disappears, pensa che per la crescita creativa del paese, si renda necessario Il Primo Manifesto Contro L’arroganza di Certa Critica, da stampare, compilare, firmare e affiggere accanto alle librerie di tutta Italia: perché i critici insolenti, alla fine, dicono sempre e solo le stesse cose (e vanno fermati).
9 canzoni 9 … contro l’insolenza
Lato A
Disorder • Joy Division
Fear Of Darkness • Disappears
Rockaway Beach • Ramones
Bob • NOFX
Lato B
Batman Theme Song • The Jam
Apply Some Pressure • Maximo Park
London Calling • The Clash
My Little Brother • Art Brut
Month of May • Arcade Fire
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
Basta con le solite canzoni, un paese moderno si vede anche dal Dancefloor! Così parte Il Manifesto Contro la Rockoteca a cura di Francesco Pacifico.
Pare che la questione sia sfuggita di mano ai dj dell’estate romana, i quali a detta dello scrittore, propongono sempre e solo gli stessi brani.
Il Manifesto contro la Rockoteca si legge nel blog “È da stampare, compilare, firmare e affiggere accanto ai piatti o all’entrata del locale”. Perché il dj rock , alla fine, mette sempre gli stessi pezzi (e va fermato).
Un appello rivolto agli amanti della musica, stanchi di sentire “le solite cose”. Il brillante scrittore evidentemente frustrato da quanto gli tocca subire nella sua rockoteca preferita, da libero sfogo alle proprie frustrazioni formulando addirittura un elenco dettagliato di canzoni che il dj dovrebbe – una volta firmato il manifesto – non suonare almeno per un anno.
Facendo riferimento alla play list incriminata si scorgono in effetti “perle dal valore incalcolabile”. A brillare, in effetti, sono canzoni che mai ci si augurerebbe di ritrovarsi “sotto i piedi” come ad esempio le sigle dei cartoni animati, anche se riflettendo è facile pensare che, se il dj romano in questione, “suona” Holly e Benji, evidentemente è quello che la massa del posto in cui lavora vuole ballare…
In Italia, in termini musicali, a regnare sovrana è l’ignoranza e non la ricerca; un dato di fatto, un malessere che si acuisce sempre più con l’andare del tempo e delle generazioni.
In questi ambiti – diversamente da quelli “House” – le persone ballano soltanto ciò che conoscono. Esiste un margine estremamente ridotto legato alla possibilità di proporre novità; starà alla sensibilità/abilità del selectioner far digerire – tra un pezzo conosciuto e un altro – qualcosa di nuovo o abilmente ripescato. Valga la regola numero uno: non è la musica a fare la differenza ma come “la si mette!”
Poi, la fauna inerente i locali, è ricca e variegata; c’è chi balla e non conosce mediamente ciò che sta ascoltando e chi invece ne comprende i dogmi. In tal caso sono dolori. “Colui che ne comprende i dogmi” è generalmente “un rompipalle”, ritiene di “saperne” ben più del dj, ha mediamente trent’anni e da troppo tempo resta incollato alla consolle: ne conosce i segreti, ha imparato i brani a memoria e nel frattempo si è costruito una certa integrità; è infatti amico dei responsabili, dei buttafuori e dai baristi vuole da bere, possibilmente a scrocco.
“Nei suoi viaggi”, il sogno recondito di fare il dj si propaga lentamente divenendo quasi reale. Comincia col fornire qualche consiglio e finisce con il portarti un disco da mettere; al conseguente diniego, comincerà “a sibilare” tra le luci cercando proseliti contro lo sfortunato disc jokey, il quale – bontà sua – per non soccombere, dovrà essere capace di evitare cadute di stile (sigle tv e musica italiota varia) e dimostrare quel po’ di coraggio che oltre a non guastare ne caratterizzerà il tratto.
Non basterà! “La serpe”, affamata e senza scrupoli, si muove circospetta, pronta a colpire nell’ombra, fiduciosa che il suo sogno – presto o tardi – si trasformerà in realtà.
Povero illuso… per essere un dj non è sufficiente conoscere la musica, occorre saper “leggere” la pista: intuire il momento per essere “includenti” corrisponde a “liberare” le virtù femminili; capire quando essere “escludenti” coincide con il libero sfogo delle pulsioni maschili e infine, percepire quando le due entità possano finalmente essere “unenti”… resta la circostanza principale da individuare nell’arco dell’intera serata.
Tornando al manifesto in questione, prima di redigerlo, si dovrebbe capire cosa viene celato dietro il lavoro del dj; la performance è soltanto il culmine di una faccenda ben più complessa, pensata e alimentata senza reticenze, frutto di passione e trasparenza negli intenti, possibilmente condivisa con i gestori dei locali ai quali non importa nulla “dei quattro fighetti snob” che chiedono il nuovo pezzo dei Chromatics; alla proprietà interessa che Jerry Lee Lewis “faccia sciogliere la lingua” ai quattrocento assatanati in pista, poiché subito dopo, andranno ad abbeverarsi al bar (senza scroccare).
Nel frattempo il solito dj qualunque, mentre ascolta il nuovo disco dei Disappears, pensa che per la crescita creativa del paese, si renda necessario Il Primo Manifesto Contro L’arroganza di Certa Critica, da stampare, compilare, firmare e affiggere accanto alle librerie di tutta Italia: perché i critici insolenti, alla fine, dicono sempre e solo le stesse cose (e vanno fermati).
9 canzoni 9 … contro l’insolenza
Lato A
Disorder • Joy Division
Fear Of Darkness • Disappears
Rockaway Beach • Ramones
Bob • NOFX
Lato B
Batman Theme Song • The Jam
Apply Some Pressure • Maximo Park
London Calling • The Clash
My Little Brother • Art Brut
Month of May • Arcade Fire
di Marco Pipitone | 26 luglio 2012
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it