La crisi discografica è ormai nota già da parecchi anni; quella dell’editoria tradizionale sta passando il periodo peggiore.
Ora, purtroppo tocca ai club.
A discapito di concorrenza sleale, chiriguitos vari, spiagge abusive adibite a club, discobar vari, sembrava che le discoteche, nonostante la naturale selezione, avessero tutto sommato tenuto il botto. Fino ad ora.
Sfortunatamente, anche gli ultimi strumenti che garantivano un po’ d’ossigeno ovvero le one-night collaudate, magari inteneranti, gli show case e i top djs, non riescono più a garantire la copertura della serata.
I djs, in particolare, che hanno un seguito, che possa chiamarsi tale, ormai li conti sulle dita di una mano e badate bene che ho sommato gli italiani con gli internazionali.
Inevitabile, pertanto, che proprietari e direttori artistici comincino a “tagliare” i costi vedi deejays, cosicché le consolle affollate di qualche tempo fa, si sono drasticamente svuotate (come del resto anche i dancefloors).
Un comparto, dunque, che è sempre stato in esubero si trasforma in esodo.
Allontanamento forzato dalla professione di dj ad altra occupazione s’intende!
Per farla breve quello che è già avvenuto tra i producers home-made, trasformati in weekend’s producers o, addirittura, abbandonando le DAW.
Un altro aspetto è il disorientamento dovuto alla micro-frammentazione dei vari generi e sub generi musicali ha contribuito a spalmare i frequentatori in base ai gusti musicali sempre più affinati, rendendo, di fatto, impossibile la gestione di molti locali, che devono far fronte agli sterminati costi con gli introiti di una sola serata a settimana.
Mal comune mezzo gaudio: anche a Londra, capitale della club culture, non passa stagione che non chiuda un locale.
Nel Regno Unito, però, c’è qualcosa che riesce ancora a tenere viva la night life: innanzitutto la cultura del clubbing ben radicata, movimenti attivi sul territorio, festival a “non finire” e anche un aspetto “dominante” sulla scena mondiale che è in grado di imporre scelte e dettare legge, come la recente classifica di una famosa rivista d’oltremanica dove sono indicati i migliori negozi di dischi del mondo.
Tra questi non c’è nessun negozio Italiano. Un vero affronto per i nostri “DJ Service” e “Goodymusic” di Roma o il Disco Più di Rimini, che hanno felicemente fornito almeno tre generazioni di djs in tutta Italia e che tuttora sono operanti!
Fonte: Marco Crona su http://www.fintofigo.com/
Ora, purtroppo tocca ai club.
A discapito di concorrenza sleale, chiriguitos vari, spiagge abusive adibite a club, discobar vari, sembrava che le discoteche, nonostante la naturale selezione, avessero tutto sommato tenuto il botto. Fino ad ora.
Sfortunatamente, anche gli ultimi strumenti che garantivano un po’ d’ossigeno ovvero le one-night collaudate, magari inteneranti, gli show case e i top djs, non riescono più a garantire la copertura della serata.
I djs, in particolare, che hanno un seguito, che possa chiamarsi tale, ormai li conti sulle dita di una mano e badate bene che ho sommato gli italiani con gli internazionali.
Inevitabile, pertanto, che proprietari e direttori artistici comincino a “tagliare” i costi vedi deejays, cosicché le consolle affollate di qualche tempo fa, si sono drasticamente svuotate (come del resto anche i dancefloors).
Un comparto, dunque, che è sempre stato in esubero si trasforma in esodo.
Allontanamento forzato dalla professione di dj ad altra occupazione s’intende!
Per farla breve quello che è già avvenuto tra i producers home-made, trasformati in weekend’s producers o, addirittura, abbandonando le DAW.
Un altro aspetto è il disorientamento dovuto alla micro-frammentazione dei vari generi e sub generi musicali ha contribuito a spalmare i frequentatori in base ai gusti musicali sempre più affinati, rendendo, di fatto, impossibile la gestione di molti locali, che devono far fronte agli sterminati costi con gli introiti di una sola serata a settimana.
Mal comune mezzo gaudio: anche a Londra, capitale della club culture, non passa stagione che non chiuda un locale.
Nel Regno Unito, però, c’è qualcosa che riesce ancora a tenere viva la night life: innanzitutto la cultura del clubbing ben radicata, movimenti attivi sul territorio, festival a “non finire” e anche un aspetto “dominante” sulla scena mondiale che è in grado di imporre scelte e dettare legge, come la recente classifica di una famosa rivista d’oltremanica dove sono indicati i migliori negozi di dischi del mondo.
Tra questi non c’è nessun negozio Italiano. Un vero affronto per i nostri “DJ Service” e “Goodymusic” di Roma o il Disco Più di Rimini, che hanno felicemente fornito almeno tre generazioni di djs in tutta Italia e che tuttora sono operanti!
Fonte: Marco Crona su http://www.fintofigo.com/