Un professionista milanese, l'ex presidente dell'Associazione nazionale dentisti italiani, s'è visto condannare dal locale tribunale per il mancato versamento dei diritti discografici a Scf, il Consorzio fonografici che si occupa di riscuotere i diritti per le riproduzioni in pubblico.
Per cosa? Ovviamente per la musica trasmessa in sala d'attesa.
Nulla di complicato: niente dischi o altro.
L'odontoiatra, come migliaia di colleghi in tutti gli studi medici del paese, ha semplicemente acceso la radio nella stanza adibita ai clienti in coda, per sciogliere momenti spesso di tensione.
Tuttavia, anche un manipolo di pazienti in attesa pare sia da considerarsi come pubblico e che quindi ci sia una somma da versare per la riproduzione musicale.
'Prima di ricorrere alla citazione in giudizio - dice al Giornale il presidente di Scf Saverio Lupica - abbiamo cercato più volte di trovare un accordo con l'associazione dei dentisti per ottenere la quota annuale prevista dalla legge sui diritti d'autore, ma che nessuno di loro ha mai pagato, invano.
Una quota che secondo l'Scf, che affianca la più nota Siae nel gravoso compito, si aggira attorno ai 90 euro, una pulizia dentale o poco più.
"Ricorreremo in Cassazione ed eventualmente anche alla Corte europea"- ha detto il dottor Roberto Callioni, che all'epoca del contenzioso era ai vertici dell'Andi.
"La nostra è una questione di principio perchè è assurdo equiparare uno studio privato che riceve su appuntamento a un pubblico esercizio come i grandi magazzini o i locali notturni. Se accettassimo questo iniquo balzello innescheremmo un precedente che, tanto per dirne una, vedrebbe battere cassa anche la Siae che abbiamo pagato ingiustamente fino agli anni Ottanta".
Fonte: http://musica.excite.it