Insegna da tempo produzione musicale, o meglio sound design a djs e soprattutto produttori, musicisti, fonici (etc) che vorrebbero diventare dei professionisti oppure lo sono già e vogliono aggiornarsi. Collezionista di vinili, Ableton Live Trainer, insegna pure Logic Audio e collabora pure con Allen&Heath, Nugen Audio (plug-in) e D16 Group (plug-in). Insegna in tutta Italia e pure allo IED di Milano. Alcuni dei suoi link: www.dariopiana.it soundcloud.com/dariopiana
Qual è l’errore da non fare quando si vuol fare il dj?
Parlando di dancefloor, non dare per scontato che mettere dischi per un’ora significhi portarsi 10 brani “sicuri”. E’ quando pensi di essere troppo sicuro che accadono le tragedie, le varianti di ogni serata sono infinite. Non dare per scontato che il tasto sync, nel caso dell’utilizzo di un software, ti salvi la vita… se sei un pessimo selezionatore, nessun tasto ti aiuterà. Per quanto riguarda la produzione, l’errore è pensare che il successo arrivi da una conoscenza del software e della produzione del 10% ed il 90% restante si compensi con autobuy.
Qual è la prima cosa da fare, invece?
La prima cosa da fare è, innanzitutto sentirne la vocazione, senza seguire le mode. Studiarsi tutta la dance, dal funk fino ai giorni nostri. Le matrici, l’evoluzione, le decine di generi musicali che hanno attraversato i dancefloor, sono fondamentali per la propria cultura, per capire le contaminazioni, per riconoscere un suono. La creatività è sempre legata alla cultura, alla preparazione, alle centinaia di ore passate ad ascoltare musica, dei più disparati generi, anche se non sarà il genere prescelto nel lavoro. E’ importante sapere chi era Strauss quanto chi era Jaydee o James Brown.
Qual è il luogo comune che senti ripetere più spesso sugli ‘aspiranti dj’ che invece non per niente vero?
E’ lo stesso esempio che fece anni fa, uno dei più grandi chitarristi mondiali ad un seminario, a cui partecipai: in una sala, ci sono 30 chitarristi che discutono. Ad un certo punto si brucia una lampadina, uno si alza, scala, svita la rotta e mette la nuova. Gli altri 29: io l’avrei cambiata meglio. Il luogo comune è il sentirsi fenomeno dopo una stagione in un locale che ha funzionato, l’aver centrato in positivo una sera, o pavoneggiarsi per un discreto risultato in una qualunque classifica. Questo è un lavoro che paga nel tempo, in oltre 30 anni di questo lavoro ho visto migliaia di meteore.
Qual è la cosa che ti fa più arrabbiare in un giovane dj?
Ricollegandomi alla precedente domanda, la cosa che mi fa più arrabbiare, anche se come sai sono l’uomo meno polemico è più schivo del mondo, è la poca umiltà. Quando senti “io faccio il dj” prima di sentire cognome e nome, non è mai piacevole. In questa nazione, rispetto all’estero, non si fa spogliatoio, che è determinante per ogni squadra. Ci fosse maggiore collaborazione, tra i djs italiani, tutti ne saremmo più felici e gioverebbe a tutti. Se tutti i djs italiani venissero chiesti all’estero, quanto in Italia ci si affida al dj internazionale, sarebbe un’infinita soddisfazione. Meno tempo in rete, se non a livello costruttivo, più tempo in studio e per migliorarsi.
Come mai tutti o quasi vogliono diventare David Guetta mentre Cristian Marchi (o Gabry Ponte o Luca Agnelli o Gubellini o Federico Scavo o Stefano Pain…) dagli aspiranti dj spesso sono considerati dei mezzi falliti?
Quello del diventare Guetta o Tiesto altri, penso faccia parte del sogno di tutti, come per il provetto calciatore quello di diventare un divo o di qualunque altro settore “popolare”. Ma penso sia normale che 100 djs su 100 non possano diventare Guetta, sarebbe un mondo di fenomeni o di superstar. Non ho mai criticato nessuno. Chiaro che nel 2014 non basta avere una grande capacità tecnica e nemmeno avere un’estesissima cultura, i più guardano anche a quanto sei presente in rete e come, a quanti likes le tue tracce o le tue pagine fanno, da quanta gente porti e a come sei vestito… cose che prima non venivano considerate, ma questo fa parte dell’evoluzione, che si voglia o no. I nomi che hai citato li vedo tutt’altro che falliti, hanno solo un denominatore comune: sono italiani… e tutto quello che è italiano, in Italia, deve essere sempre criticato, e mai a livello costruttivo. Posso non seguire i loro generi, non condividere le stesse esperienze idee, ma li rispetto sempre.
http://www.alladiscoteca.com/post/103709411854/vuoi-fare-il-dj-leggi-che-dice-dario-piana?og=1&fb_action_ids=10204174950387201&fb_action_types=tumblr-feed%3Apost
Qual è l’errore da non fare quando si vuol fare il dj?
Parlando di dancefloor, non dare per scontato che mettere dischi per un’ora significhi portarsi 10 brani “sicuri”. E’ quando pensi di essere troppo sicuro che accadono le tragedie, le varianti di ogni serata sono infinite. Non dare per scontato che il tasto sync, nel caso dell’utilizzo di un software, ti salvi la vita… se sei un pessimo selezionatore, nessun tasto ti aiuterà. Per quanto riguarda la produzione, l’errore è pensare che il successo arrivi da una conoscenza del software e della produzione del 10% ed il 90% restante si compensi con autobuy.
Qual è la prima cosa da fare, invece?
La prima cosa da fare è, innanzitutto sentirne la vocazione, senza seguire le mode. Studiarsi tutta la dance, dal funk fino ai giorni nostri. Le matrici, l’evoluzione, le decine di generi musicali che hanno attraversato i dancefloor, sono fondamentali per la propria cultura, per capire le contaminazioni, per riconoscere un suono. La creatività è sempre legata alla cultura, alla preparazione, alle centinaia di ore passate ad ascoltare musica, dei più disparati generi, anche se non sarà il genere prescelto nel lavoro. E’ importante sapere chi era Strauss quanto chi era Jaydee o James Brown.
Qual è il luogo comune che senti ripetere più spesso sugli ‘aspiranti dj’ che invece non per niente vero?
E’ lo stesso esempio che fece anni fa, uno dei più grandi chitarristi mondiali ad un seminario, a cui partecipai: in una sala, ci sono 30 chitarristi che discutono. Ad un certo punto si brucia una lampadina, uno si alza, scala, svita la rotta e mette la nuova. Gli altri 29: io l’avrei cambiata meglio. Il luogo comune è il sentirsi fenomeno dopo una stagione in un locale che ha funzionato, l’aver centrato in positivo una sera, o pavoneggiarsi per un discreto risultato in una qualunque classifica. Questo è un lavoro che paga nel tempo, in oltre 30 anni di questo lavoro ho visto migliaia di meteore.
Qual è la cosa che ti fa più arrabbiare in un giovane dj?
Ricollegandomi alla precedente domanda, la cosa che mi fa più arrabbiare, anche se come sai sono l’uomo meno polemico è più schivo del mondo, è la poca umiltà. Quando senti “io faccio il dj” prima di sentire cognome e nome, non è mai piacevole. In questa nazione, rispetto all’estero, non si fa spogliatoio, che è determinante per ogni squadra. Ci fosse maggiore collaborazione, tra i djs italiani, tutti ne saremmo più felici e gioverebbe a tutti. Se tutti i djs italiani venissero chiesti all’estero, quanto in Italia ci si affida al dj internazionale, sarebbe un’infinita soddisfazione. Meno tempo in rete, se non a livello costruttivo, più tempo in studio e per migliorarsi.
Come mai tutti o quasi vogliono diventare David Guetta mentre Cristian Marchi (o Gabry Ponte o Luca Agnelli o Gubellini o Federico Scavo o Stefano Pain…) dagli aspiranti dj spesso sono considerati dei mezzi falliti?
Quello del diventare Guetta o Tiesto altri, penso faccia parte del sogno di tutti, come per il provetto calciatore quello di diventare un divo o di qualunque altro settore “popolare”. Ma penso sia normale che 100 djs su 100 non possano diventare Guetta, sarebbe un mondo di fenomeni o di superstar. Non ho mai criticato nessuno. Chiaro che nel 2014 non basta avere una grande capacità tecnica e nemmeno avere un’estesissima cultura, i più guardano anche a quanto sei presente in rete e come, a quanti likes le tue tracce o le tue pagine fanno, da quanta gente porti e a come sei vestito… cose che prima non venivano considerate, ma questo fa parte dell’evoluzione, che si voglia o no. I nomi che hai citato li vedo tutt’altro che falliti, hanno solo un denominatore comune: sono italiani… e tutto quello che è italiano, in Italia, deve essere sempre criticato, e mai a livello costruttivo. Posso non seguire i loro generi, non condividere le stesse esperienze idee, ma li rispetto sempre.
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